Archetipi del marketing: storia della cappelliera

Nasce prima il marketing o prima il packaging? Prima l’uovo o la gallina? Il consumatore compra la confezione o il prodotto? Quanto contano gli archetipi nel marketing e nel design? E cosa hanno in comune una lampada, una valigia e un panettone?  

In principio c’erano i bisogni d’acquisto, in seguito i gusti, poi mode e tendenze

L’importanza delle scatole nel processo di vendita cresce di pari passo con lo sviluppo del capitalismo. Nei centri urbani, fin dal XVIII secolo, l’aumento della pressione demografica aveva innescato una specializzazione delle botteghe, sempre più capaci di assecondare prima i bisogni, poi i gusti e più tardi mode e tendenze. Gli approvvigionamenti avvenivano sempre meno nei luoghi di produzione per essere acquistati in città. Drogherie e mercerie, nel consegnare il venduto si avvalevano di piccoli sacchi, dapprima in cuoio e in tessuto, poi di carta, fino al boom della moderna plastica nel XX secolo, considerata un packaging primario indispensabile in molti articoli della grande distribuzione.  

Tra Settecento e Ottocento, le scatole erano appannaggio soltanto delle classi alto-borghesi o degli aristocratici, unici a potersi permettere un costo aggiuntivo, rispetto a quello della merce acquistata. Non erano solo i prodotti dei ricchi a richiedere protezione ma le classi meno agiate ricorrevano a borse proprie, in cui depositavano la merce, facendo scorte in grandi sacchi che venivano poi riutilizzati per i futuri acquisti. 

Ascesa della confezione per catturare l’attenzione del consumatore dei prodotti di lusso

La definitiva affermazione delle scatole esterne ha richiesto una vera e propria rivoluzione nei comportamenti di acquisto, basata sull’ascesa della confezione, per catturare l’attenzione del consumatore. È stato un cambiamento radicale, in quanto la box da elemento coprente del prodotto, diviene fodera in grado di impreziosirlo. Pare che sia proprio a questo punto che nasca il marketing o almeno, quella parte del marketing che nasconde il prodotto, ostentando il suo valore, attraverso elementi estetici e di comunicazione. Va da sé che prodotti di lusso fossero considerati tali, grazie alla confezione esterna. La scatola era uno status symbol, che confermava il rango e il prestigio sociale dell’acquirente. E i consumi dei più ricchi hanno sempre rappresentato modelli da emulare, fin dalla notte dei tempi.

La vera storia delle cappelliere, da valigie dell’aristocrazia europea a confezioni di lusso

Già tra XVII e XVIII secolo, durante i primi viaggi del Grand Tour, le cappelliere alloggiavano sulle carrozze che conducevano i giovani rampolli delle famiglie aristocratiche europee verso il Mediterraneo, alla volta del Bel Paese. Questi bauletti dalla forma cilindrica, accoglievano cappelli e cappellini. Inizialmente erano valigie pregiatissime, marchiate a fuoco o incise con la firma del produttore, poi nei secoli successivi divennero scatole. Fin dai primi modelli, le cappelliere avevano forma circolare, in pelle ambrata, internamente in seta moiré, dalla struttura rigida e salda, con una chiusura a scatto e chiavi dorate, due lunghi manici per agevolare il trasporto a mano. 

Da mero packaging esterno del prodotto, le cappelliere diventarono molto di più di contenitori, imbastiti in cartone, lavorati a caldo, con scritte in oro e argento, con i nomi dei produttori, ben prima che la moderna pubblicità nascesse. Con un grande coperchio, perfettamente aderente alla base per chiudere il bordo superiore, le cappelliere più eleganti, continuano a stringersi al corpo del cilindro, con un nastro in fine tessuto, avvolte in uno splendido fiocco. Nella versione cartonata, le cappelliere preservano fino ai nostri giorni un fascino antico, un sapore vintage, di strutture senza tempo.

Prima cappelli, poi panettoni e dolci, confezioni simbolo della borghesia rampante   

Grazie alla forma tanto accattivante quanto inusuale, la cappelliera accoglie, oltre ai cappelli, una crescente varietà di dolci e panettoni. Nei primi anni del XX secolo, le cappelliere ospitavano, per la loro eleganza, le prelibatezze della pasticceria italiana natalizia. Una tradizione che si è mantenuta inalterata, specie per il confezionamento di panettoni, prodotti in piccole tirature, che grazie alle cappelliere riescono a comunicare la loro artigianalità. Con la mutazione del panettone, da dolce basso, simile ad una forma di pane, ad alto e lievitato, le cappelliere riescono a conferirgli le sembianze di un prodotto di lusso. 

All’inizio del Novecento, in alcune città come Milano, il panettone in cappelliera divenne il simbolo della borghesia rampante, produttiva ed elegante, per nulla disposta a rinunciare al prestigioso packaging. Oggi come allora, è una scatola ben visibile durante il trasporto, la cui struttura rigida, associata alla forma cilindrica, invita l’acquirente ad esporla in casa come oggetto totemico. La sua resistenza e la sua capienza si prestano al riutilizzo per conservare ricordi preziosi, foto di gioventù e lettere d’amore. 

Spazio per custodire e proteggere

Più di recente, negli allestimenti del wedding, le cappelliere accolgono fiori, geometricamente distribuiti al suo interno, sistemate come centrotavola, durante la cerimonia o come omaggio degli sposi. Nuovi utilizzi da condividere sui social, fotografando e mostrando il fascino di questa antica confezione, realizzando in proprio una comunicazione integrata che dal cartaceo risale fino al web. Sono tanti i significati assunti nel tempo: cappelliera come vano delle autovetture situato sotto il cristallo posteriore; mobile posto all’ingresso nelle nostre case, per appendere cappelli, cappotti e soprabiti;  vano negli aeromobili e nei treni, dove collocare bagagli a mano; protezioni per lampade in ottone, riscaldando l’ambiente con una luce soffusa che ci riporta indietro nel tempo.