Intervista a Chiara Giorleo per comprendere come comunicare il vino
Chiara Giorleo, Laurea in Economia Aziendale, conseguita tra Italia e Malta, specializzata in marketing e comunicazione enogastronomica con esperienze in Italia e all’estero, presso la Camera di Commercio di Toronto (Canada), presso il Napa Valley College in California, nel Regno Unito nello staff dei Decanter World Wine Awards. Oggi critica enogastronomica freelance, con collaborazioni internazionali in USA, Russia e Inghilterra. Giudice in concorsi nazionali e internazionali come l’International Wine Challenge di Londra (IWC). Referente per l’Italia nel concorso sull’enoturismo World’s Best Vineyards (WBV) e co-curatrice della guida ai 50 Top Rosé italiani. Certificazioni AIS e WSET, con Level 4 DIPLOMA in Wines and Spirits, Londra. Docente, Relatrice in convegni di settore e guida esperta di tour enogastronomici. Delegata dell’Associazione Nazionale Donne del Vino Umbria. Sul suo blog chiaragiorleo.com in italiano e inglese, cura numerosi approfondimenti per cultori e appassionati.
Come sei arrivata al mondo del vino e come definiresti il tuo profilo professionale?
Dopo la laurea, pensai di lavorare nel marketing e nella comunicazione, avrei potuto farlo in qualsiasi tipo di azienda e allora, perché non nel settore enogastronomico che mi intrigava già da tempo? Ho inviato il mio CV a qualche grande cantina e aderito a progetti internazionali come gli stage del MAE (Ministero Affari Esteri). Così ho lavorato per cantine ed enti internazionali per circa 6 anni, prima di mettermi in proprio. Oggi mi occupo del racconto dei prodotti enogastronomici sulla stampa e sul web, a partire dal mio blog, per guide di settore, così come in ambito formativo ed enoturistico; tutto in italiano e in inglese.
E quale percorso consiglieresti ad un giovane che voglia intraprendere la tua carriera?
Tanto studio e tanto confronto, sui libri, sui posti e con i colleghi più esperti. Non esiste un solo modo per formarsi e crescere, basta non fermarsi mai e apprendere: nozioni, approcci diversi, sfumature. E poi fare esperienza in contesti diversi in Italia e all’estero.
Quali sono gli elementi di specificità che rendono peculiare la comunicazione del vino rispetto a quella di altri settori?
Si tratta di un prodotto multiforme: è popolare, specialmente in Italia dove si consuma quotidianamente ma, allo stesso tempo, sofisticato, si pensi ai vini da collezione e comunque al fascino dell’interpretazione stilistica per mezzo della degustazione sensoriale. Non solo, le tipologie sono numerosissime così come gli stili e le interpretazioni per cui non esiste un solo modello di riferimento cosa che lo arricchisce e lo rende così affascinante.
Difetti della comunicazione nel mondo del vino?
Si discute da tempo della necessità di liberare la comunicazione del vino dai tecnicismi e soprattutto da una descrizione esclusivamente legata all’analisi sensoriale, specialmente a favore dei territori. Ne sono la prima sostenitrice ma penso anche che serva trovare l’equilibrio tra il taglio coinvolgente e rispettoso della terra da cui proviene, del suo Dna così come dell’interpretazione del produttore con l’intento formativo e informativo. Chi cerca un articolo, chi si iscrive ad una degustazione guidata lo fa per apprendere anche alcune nozioni che sono familiari.
Ci sono particolari patologie di cui soffre la comunicazione del tuo settore?
L’improvvisazione. Il vino resta pur sempre un prodotto tecnico, richiede una conoscenza approfondita e trasversale. La competenza in termini tecnici e quella nell’approccio alla comunicazione ben combinate sono le uniche armi.
Quali sono a tuo giudizio i 10 vini che comunicano meglio nel mondo (almeno 3 italiani)?
Ci sono diverse storie di successo che si sono susseguite negli anni e che potrebbero essere analizzate: penso al Prosecco, uno degli spumanti più popolari al mondo. La Toscana specialmente con Chianti e Brunello di Montalcino oltre che con i Super Tuscan, l’Etna, uno dei territori vulcanici più ambiti. Per quanto riguarda l’estero, il Cabernet Sauvignon della Napa Valley o il Sauvignon Blanc della Nuova Zelanda. Ma non dimentichiamo lo Champagne o i rosati della Provenza due modelli, ciascuno per la propria categoria (spumanti metodo classico e rosati), su scala mondiale.
Più in generale come si comunica il vino off-line?
Con eventi e appuntamenti che prevedano sempre un doppio canale: approfondimenti tematici e mirati per i più esperti e introduzioni al territorio per gli appassionati. E, ancora, combinando emozione e informazione. Per emozione intendo anche curiosità sul territorio, tradizioni, aneddoti oppure paralleli con produzioni più note al pubblico di riferimento, specialmente se straniero; insomma, tutto ciò che consenta un’immersione in quella filosofia produttiva e, spesso, familiare.
Cosa consigli ai social media specialist che comunicano le aziende di vino?
Il mondo del vino si discosta molto dallo stesso mondo gastronomico o dalla moda: in un mondo di immagini riesco a catturare l’attenzione solo attraverso i territori o i produttori, diversamente, qualsiasi foto di un calice o di una bottiglia non riuscirà a comunicare molto. A meno che tu non sia un esperto e riconosca la denominazione indicata in etichetta, le bottiglie sembreranno tutte uguali, a differenza di un abito che può conquistarmi tramite schermo o un piatto che può ingolosirmi ancora prima di provarlo. Il vino è molto più complesso, ha significati profondi ma senza degustarlo qualsiasi forma di comunicazione rischia di essere limitativa. Troppo spesso si notano campagne social condotte da non esperti del prodotto con conseguenze pericolose, si rischiano banali errori tecnici nelle diciture, nelle note.
E-commerce del vino: cosa ne pensi? Quali sono i limiti e quali i punti di forza?
È un canale utilissimo e con le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria è una pratica che si è consolidata molto. Ulteriori aziende, dunque, si stanno cimentando a costruire un proprio spazio ma mi raccontano che è difficile convivere con i siti di vendita online generalisti che sono invece già strutturati con campagne sconti e rispetto alle spese che il sistema impone. Credo quindi che non si sia ancora trovato l’equilibrio ottimale per tutti gli attori ferma restando l’utilità per operatori e meno esperti.
Un consumatore poco esperto di vini, come sceglie la sua bottiglia di vino? Quali sono gli elementi che riescono a conquistarlo in store?
Da appassionata di rosati, noto una contraddizione: si continua a dibattere sull’importanza del colore dei rosati affinché si possa vendere meglio e possa avere più appeal; questo però rischia di far perdere di vista l’identità e quindi la qualità del rosato nel momento in cui dovessi decidere di intervenire massivamente sul colore solo per rispondere ad una richiesta di mercato. Al contrario però, tecnici, esperti e molti dei produttori stessi continuano a sottovalutare l’importanza del packaging, per esempio; cosa che, invece, potrebbe essere perfettamente gestita senza impattare sulla qualità del prodotto. Diversi studi di neuromarketing hanno provato come si sbaglino i colori, le informazioni e quindi i messaggi che l’etichetta comunica.
Un esperto di vino come può aggiornare le sue competenze online? Quali sono i siti che deve conoscere e consultare per tenersi informato?
Soprattutto a causa delle restrizioni imposte dal Covid-19, si sono moltiplicate le iniziative online: corsi, degustazioni, approfondimenti. C’è scelta per tutti. Rispetto a siti e portali da seguire, bisognerebbe immaginare un periodo di prova per poi scegliere lo stile, il critico, il blogger di riferimento in base alle proprie necessità e le proprie preferenze muovendosi su due fronti: un canale informativo legato a numeri e mercati, penso a TheDrinkBusiness, e riviste specializzate sul racconto delle zone produttive, dei produttori e relative denominazioni. In Campania, per esempio, riferimento imprescindibile è lo spazio di Luciano Pignataro che racchiude diversi di questi aspetti ma ce ne sono tanti in Italia e all’estero: Doctor Wine, Civiltà del bere, Wine News, Cronache di Gusto, le stesse guide di settore che consentono uno spaccato di immediata consultazione, il magazine Decanter, e potremmo continuare veramente a lungo.